domenica 13 febbraio 2011

Berlusconi : niente urne senza il mio consenso

MILANO - Non lo hanno capito. Non hanno compreso davvero perché una nota, quella del Quirinale, che si apre con un riconoscimento della serietà della posizione di Berlusconi che «non ha mai evocato la piazza», si chiuda con un monito durissimo ad abbassare i toni e con la minaccia dello scioglimento delle Camere. Una nota, peraltro, che come raccontano gli uomini del Cavaliere è stata addirittura sollecitata da Palazzo Chigi, per fare «chiarezza» su un colloquio, quello di venerdì al Quirinale, che come ripeteva anche ieri sera il premier «è andato molto meglio di quanto dicono, ho spiegato le mie ragioni e penso proprio che siano state capite».

Evidentemente le cose non stanno esattamente così, se a Palazzo Chigi ammettono che «è da due giorni che al Quirinale sono arrabbiatissimi». Anche per questo, ieri mattina Gianni Letta ha usato il suo canale privilegiato con il Colle per confrontarsi su come i giornali avevano riportato l'incontro: «Non è vero che il premier ha minacciato l'uso della piazza, né con il presidente né dopo. Forse il Quirinale dovrebbe precisarlo», è stata la proposta del sottosegretario. Napolitano a sua volta aveva altri motivi per lamentarsi: Il Giornale e Libero, che lo invitavano brutalmente a darsi da fare per difendere Berlusconi dal «golpe» dei pm di Milano, meritavano, hanno pensato al Quirinale, una risposta ferma.

È nata così la nota di precisazione che ha lasciato a bocca aperta Berlusconi e i suoi. Con il premier che a caldo se l'è presa per quel finale minaccioso sul possibile scioglimento della legislatura («Io ho i numeri in Parlamento, sono sicuro che aumenteranno addirittura, se questa doveva essere un'arma contro di me è spuntata, voglio vedere come si fa ad andare al voto anticipato senza il mio consenso...», il senso del suo sfogo), poi si è interrogato sul da farsi, a questo punto.

Perché dal suo entourage spiegano che con una posizione di così difficile interpretazione come quella del Quirinale, sono tutte da valutare le prossime mosse. «Non sono io che voglio lo scontro, ma se a Milano hanno deciso di distruggermi devo difendermi, e lo farò con tutti i mezzi», ripete da giorni Berlusconi, lasciando aperta ogni strada.

«Il problema - spiega un fedelissimo del premier - è che bisogna capire se, quando Napolitano parla di toni bassi e niente scontri, può offrire anche la garanzia che mentre noi deponiamo le armi non ci siano i giudici che prendono la mira e ci sparano... In quel caso si può ragionare, altrimenti è chiaro che andremo avanti...». Per questo ieri nessuno nello stato maggiore del Pdl ha osato sbilanciarsi con dichiarazioni pubbliche, se non Cicchitto per ribadire che il premier si sta solo difendendo e che comunque il governo è «nella pienezza del mandato elettorale» con i suoi numeri saldi, quindi non si vede come si potrebbero sciogliere le Camere.

A meno che il quadro politico non mutasse, e drasticamente. È quello che sperano nel centrosinistra e nel terzo polo, occhieggiando alla Lega, è quello che temono nel Pdl dove pure gli occhi sono puntati sulle mosse di Bossi. Ma su questo punto Berlusconi si mostra sicurissimo: «La Lega è con noi e non c'è alcuna possibile maggioranza alternativa a questa. Io vado avanti, un mio passo indietro è assolutamente improponibile». È insomma più che possibile la deriva verso lo scontro aperto istituzionale, ma per ora nessuno preme sull'acceleratore. Se ne parlerà domani, quando il Pdl si riunirà nell'ennesimo vertice-consiglio di guerra. Alla vigilia della decisione del gip di Milano che rischia di diventare lo spartiacque della legislatura.

Paola Di Caro

Nessun commento:

Posta un commento