lunedì 28 febbraio 2011

«In quel campo solo ricerche marginali»


MILANO - È il giorno dell'autopsia sul corpo di Yara. All'Istituto di medicina legale di Milano gli esami saranno molto utili a confermare le ipotesi avanzate dagli inquirenti dopo il ritrovamento del corpo della tredicenne scomparsa il 26 novembre scorso e trovata cadavere tre giorni fa. Ora si sa che Yara è stata accoltellata, almeno sei volte, e che si è difesa, ha lottato con l'assassino, prima di essere abbandonata in un campo incolto ai margini del comune di Chignolo D'Isola (Bergamo), a pochi chilometri in linea d'aria da Brembate Sopra, suo paese natale. è proprio lì che ora si concentrano le indagini. La polizia sta passando al setaccio le diverse vie di accesso al campo.
RISALIRE ALLE RICERCHE - Ci sarebbero almeno cinque strade per giungere sul luogo dove è stato trovato il corpo. Nel campo vicino alla zona industriale di Chignolo d'Isola le ricerche sono state compiute, ma secondo alcune indiscrezioni, non sarebbero state abbastanza approfondite. Il particolare è emerso dagli accertamenti in corso. Gli inquirenti vogliono ora sapere chi ha condotto le ricerche nell'area incolta dove sono stati trovati i resti, in quale data e con quale metodologia. «Non si tratta di gettare la croce su nessuno, sia ben chiaro», dice un investigatore. Il particolare è fondamentale per capire se Yara possa essere stata abbandonata lì da tempo o più di recente.
«Uccisa da più persone»
MAPPARE LA ZONA - Intanto la polizia sta tracciando una mappa di tutte le strade percorribili in auto che portano al campo in cui è stato ritrovato il cadavere di Yara. E lo hanno fatto poliziotti in borghese, dotati di telecamera, percorrendo in auto tutte le vie laterali tra il territorio di Chignolo d'Isola e Madone, a non più di dieci chilometri da Brembate di Sopra. L'obiettivo è ricostruire un quadro completo di tutti i punti d'accesso al luogo del ritrovamento, per poi verificare quali telecamere, pubbliche o private, possono aver ripreso spostamenti sospetti. Gli inquirenti sono infatti convinti che l'assassino, o gli assassini di Yara, sono arrivati sul posto in auto con un furgone, per poi scaricare il corpo straziato della povera ragazzina, o forse per ucciderla lì, sul posto.
LE STRADE PER ARRIVARE AL CAMPO - C'è la carreggiata asfaltata della zona industriale di Chignolo d'Isola, via Bedeschi. Poco oltre via Bedeschi, in direzione Ovest, ci sono almeno due stradine sterrate, in mezzo ai campi agricoli e adiacenti un paio di aziende, che permettono poi di raggiungere il campo dove la ragazza è stata ritrovata. Ma la stessa via Bedeschi è divisa in due parti: la porzione che attraversa la zona industriale, dove si sono concentrati gli inquirenti e i giornalisti negli ultimi giorni, e l'altra parte di via Bedeschi che è sul lato opposto del campo in cui è stato trovato il corpo di Yara e raggiunge il centro abitato di Chignolo d'Isola. Anche da lì, tramite una stradina sterrata, si può arrivare in auto al luogo del ritrovamento. Anche questi dettagli e i molteplici punti d'accesso a quel campo, teatro dell'ultimo dramma, non rendono la vita facile agli inquirenti.
Il ritrovamento del corpo di Yara
Il ritrovamento del corpo di Yara   Il ritrovamento del corpo di Yara   Il ritrovamento del corpo di Yara   Il ritrovamento del corpo di Yara   Il ritrovamento del corpo di Yara   Il ritrovamento del corpo di Yara   Il ritrovamento del corpo di Yara
«NON SI PARLI DI PERDONO ORA» - Lunedì mattina, con un mazzo di fiori sul banco vuoto e tanti messaggi d'affetto, i compagni di Yara hanno voluto ricordare la tredicenne. Ad accogliere alunni e genitori all'entrata della scuola media delle Orsoline, sotto una pioggerella autunnale, c'era la preside, suor Carla Lavelli: «Ci troviamo a gestire un lutto - ha detto - ad imparare ad affrontare la morte, la nostra e quella di Yara. Dobbiamo convincerci che fa parte della nostra vita». E sull'aggressore o sugli aggressori di Yara, la suora ha detto: «Chi ha commesso un atto del genere dovrebbe ritrovare la propria umanità, che in questo momento vuol dire legalmente costituirsi e riconoscere il proprio errore. Parlare di perdono adesso vuol dire banalizzarlo». «Il perdono - ha proseguito la preside - bisogna costruirselo dentro».
«NIENTE ACCANIMENTO MEDIATICO» - Intanto il direttore generale della Rai, Mauro Masi, chiede di evitare l'accanimento mediatico sulla tragica vicenda di Yara. L'invito del dg è stato rivolto ai direttori di rete, invitati ad una maggiore attenzione al rispetto dei contenuti del Codice tv e minori, e in particolare nei programmi in onda in fascia protetta, ovvero i 'contenitorì pomeridiani. Proprio questi sono stati programmi tv dove più di frequente nel recente passato si sono registrate con insistenza puntate ed «ospitate» a tema unico, relativi a gravi fatti di cronaca che riguardavano peraltro minori.

Uccisa subito dopo la scomparsa Quel ciuffo d'erba stretto nella mano


Un ciuffo d'erba stretto in una mano come disperatotentativo di difendersi e di aggrapparsi alla vita. Spezza il cuore il pensiero che l'ultimo gesto di Yara Gambirasio sia stato proprio quello e sono esattamente dei fili d'erba che gli investigatori hanno trovato nel piccolo pugno della ragazza scoperta senza vita dopo tre mesi di mistero nello spiazzo di Chignolo d'Isola. Ventiquattro ore dopo la svolta nel mistero della ginnasta di Brembate Sopra, si può disegnare l'estremo scampolo di vita della ragazzina in base ai pochi elementi certi racimolati in tre mesi d'indagini.
Potendo già ipotizzare una trama sintetica: Yara è morta per aver resistito a un'aggressione, probabilmente di natura sessuale, uccisa a coltellate poche ore se non pochi minuti dopo la sua uscita dalla palestra di Brembate quasi certamente nelle vicinanze del campo di via dei Bedeschi dove sabato è stata rinvenuta. Mettiamoli assieme, dunque, i fragili elementi sul taccuino delle indagini. Yara esce dalla palestra di via Locatelli a Brembate poco dopo le 18.30 di venerdì 26 novembre: ha tempo di scambiarsi un sms con l'amica Martina, alla quale dà appuntamento per una gara di ginnastica la domenica.
Il ritrovamento del corpo di Yara
Il ritrovamento del corpo di Yara   Il ritrovamento del corpo di Yara   Il ritrovamento del corpo di Yara   Il ritrovamento del corpo di Yara   Il ritrovamento del corpo di Yara   Il ritrovamento del corpo di Yara   Il ritrovamento del corpo di Yara
Poi il copione della breve vita di Yara deraglia: il suo telefonino aggancia l'antenna di Mapello, il paese accanto a Brembate ma fuori strada rispetto al percorso abituale verso casa Gambirasio. E verso Mapello si indirizzeranno i cani cercapersona incaricati di trovare Yara. Brembate, Mapello, Chignolo sono quasi allineati sulla carta geografica, racchiusi in 9 chilometri di strada. Alle 19 di quella sera Maura Gambirasio chiama la figlia sul telefonino ma l'apparecchio è muto; infatti accanto al cadavere della ragazzina c'erano la batteria e la sim card del telefonino, non il resto dell'apparecchio. Ed eccoci a un primo punto fermo del giallo: l'aggressione avviene poco lontano dalla palestra, l'assassino si dirige verso Mapello ma si preoccupa subito di non rendere rintracciabile il percorso della vittima, dividendo in pezzi il cellulare. Un particolare da brivido, perché significa che l'agguato era stato studiato. Il passo successivo ci porta già a Chignolo: sabato lo scheletro della tredicenne appariva integro ma i tessuti quasi completamente sfaldati; i vestiti però erano tutti al loro posto, persino l'elastico rosso tra i capelli.
Uccisa con almeno sei coltellate
Per gli inquirenti quei resti non erano trasportabili, a meno di ridurli in pezzi. Viene perciò meno l'ipotesi che il cadavere sia stato portato a Chignolo in tempi recenti: vi è arrivato con ogni probabilità già la sera del 26 novembre. E dunque Yara ha resistito in un primo tempo a una violenza (lo dice la ferita sul polso) ma questo ha fatto scattare la furia dell'omicida che ha infierito con fendenti al torace, alla schiena e alla gola. A Yara sono rimaste solo le forze per strappare qualche filo d'erba, quelli che le hanno ritrovato nella manina. Dal momento dell'abbordaggio fuori dalla palestra di Brembate può essere trascorsa meno di un'ora.
C'è da riflettere poi sulla scelta di arrivare nella radura di via Bedeschi: in quanti sapevano che quegli sterpi fitti e alti fino a un metro e mezzo sarebbero stati un riparo ideale sia per un'aggressione che per celare un cadavere? Solo qualcuno che conosce la zona, così come conosceva le abitudini di Yara: ecco perché si rafforza l'ipotesi del «mostro» che si aggira a Brembate o nei paesi immediatamente confinanti.
«Uccisa da più persone»
Rcd
Tutta questa ricostruzione ha un solo punto debole: le testimonianze, emerse anche ieri, in base alle quali il campo di via Bedeschi era stato perlustrato dai volontari in cerca di Yara. «Ci siamo stati di sicuro il 12 dicembre, alla battuta parteciparono 50 persone», conferma Ennio Bonetti responsabile dei volontari di Filago; e forse dieci giorni fa ci è tornata una squadra di Madone. Pare incredibile che nessuno si sia accordo della presenza del cadavere, ma gli elementi medico legali non lasciano spazio a molti dubbi. Restano poi due domande cruciali, a cui potrà dare risposta (forse) solo l'autopsia: la ragazzina ha subito anche degli abusi sessuali? Sul corpo ci sono tracce del dna dell'assassino? Nella tragedia della famiglia Gambirasio, toccherà dare risposta anche a queste orribili domande.

Usa: «Gheddafi può andare in esilio» Battaglia a Misurata per la base aerea

MILANO - L'esilio per Gheddafi «è una possibilità». L'apertura è della Casa Bianca. Il portavoce, Jay Carney, ha detto che «tutte le opzioni restano sul tavolo, compreso l'esilio». In questa ipotesi non si capisce come ciò possa collegarsi con ll'inchiesta sulle violenze in Libia, che potrebbe essere aperta dalla Corte penale internazionale (Cpi) entro pochi giorni, come ha dichiarato il procuratore della Cpi, Luis Moreno-Ocampo. Inoltre l'Ue ha deciso di adottare sanzioni contro Gheddafi e il commissario Ue all'energia, Gunther Oettinger, ha riferito che Gheddafi non controlla più i principali campi petroliferi del Paese.
MISURATA - Sul fronte militare, truppe fedeli a Gheddafi nella base aerea di Misurata sono state attaccate la scorsa notte dagli oppositori del Colonnello. Secondo i ribelli gran pare della base è ora passata sotto il loro controllo. Un velivolo (secondo alcune fonti un elicottero, secondo altre un aereo) ha sparato lunedì sulla sede di Radio Misurata. Lo riferisce Al Arabiya. Testimoni hanno detto che il velivolo sarebbe stato abbattuto e l'equipaggio catturato. Inoltre un reparto di cadetti dell'accademia militare di Misurata si sarebbe ribellato agli ordini dei superiori fedeli a Gheddafi e sarebbe ora in corso una battaglia all'interno della caserma che ospita la Scuola di guerra nel centro cittadino. Jet fedeli a Gheddafi avrebbe colpito depositi di munizioni ad Adjabiya e Rajma, nell'est della Libia. Secondo testimonianze, il bombardamento di Adjabiya avrebbe prodotto solo danni lievi e nessuna vittima.
TRIPOLI - Intanto gli oppositori, dopo aver formato un Consiglio nazionale a Bengasi, stanno iniziando a muoversi verso ovest per unirsi alle forze contrarie a Gheddafi nei pressi di Tripoli e lanciare l'assalto finale alla capitale. A Tajura, alla periferia est di Tripoli, lunedì pomeriggio circa 400 persone hanno inscenato una manifestazione anti-Gheddafi che le forze di sicurezza hanno tentato di disperdere sparando colpi in aria. Lo riferisce l'inviato dell'emittente Bbc, aggiungendo che i manifestanti gridavano slogan come «il sangue dei martiri non è stato versato invano». Negli ospedali di al-Marj, in Cirenaica, sono stati ricoverati dodici feriti «aggregiti da bande armate che circolano nella città», secondo quanto riferisce la tv di Stato.
SANZIONI UE - L'Ue ha adottato con una decisione unanime del Consiglio un pacchetto di sanzioni contro il regime di Gheddafi che vanno oltre quelle già varate dall'Onu. La scelta comprende l'embargo sulle armi e il divieto di viaggiare nell'Unione. I 27 della Ue hanno anche detto che congeleranno i beni di Gheddafi, della sua famiglia e del governo, mentre è vietata la vendita di prodotti come gas lacrimogeni ed equipaggiamento anti-sommossa, hanno riferito fonti diplomatiche. L'embargo dovrebbe entrare in vigore nei prossimi giorni. L'Ue sta pensando di convocare anche un vertice straordinario «nel fine settimana» sulla crisi libica, come richiesto dal presidente francese Nicolas Sarkozy. Lo ha riferito una fonte diplomatica all'Afp.
«IMPERIALISTI» - «Se gli imperialisti occidentali ci attaccano, ci saranno migliaia di morti», ha detto Ibrahim Moussa, portavoce del governo libico. «L'occidente vuole il nostro petrolio, Al Qaeda vuole una base sul Mediterraneo per minacciare l'Europa», ha aggiunto. «Abbiamo catturato centinaia di terroristi islamici, anche legati ad Al Qaeda. Li stiamo interrogando e, se sarà possibile, ve li faremo incontrare in carcere», ha detto rivolto ai giornalisti occidentali. Secondo Debka, sito vicino ai servizi segreti israeliani, centinaia di consiglieri militari statunitensi, britannici e francesi sarebbero già in Cirenaica per collaborare con gli insorti contro il regime di Gheddafi.
ACCORDO - Un accordo tra tribù di Zawiya, a ovest di Tripoli e teatro di una sollevazione anti-regime, e forze fedeli a Gheddafi sarebbe stato raggiunto per evitare che la rivolta si allarghi ad altre regioni occidentali e che, al tempo stesso, le forze di sicurezza lealiste attacchino i ribelli asserragliati nel centro cittadino. Lo riporta un «reportage esclusivo» di Al Arabiya. «La città è circondata dalle falangi di Gheddafi», ha detto il corrispondente dell'emittente naraba. «Grazie a un accordo tra le tribù di Zawiya, le forze di sicurezza lealiste non attaccano la città ma i rivoltosi non tentano sortite fuori dal perimetro urbano». Secondo Al Jazeera, Gheddafi ha incaricato l'ex capo dei servizi segreti libici all'estero, Bouzid Durda, di avviare una trattativa con i rivoltosi della Cirenaica.
MERCENARI - Le organizzazioni per i diritti umani lanciano l'allarme sulle sorte di migliaia di africani sub-sahariani presenti in Libia, presi di mira dai rivoltosi perché sospettati di essere mercenari al soldo di Gheddafi. Secondo il racconto di alcuni testimoni, raccolto da Al Jazeera, decine di lavoratori africani potrebbero essere stati uccisi, mentre in centinaia si nascondono per non cadere vittime della caccia «ai mercenari neri africani».

domenica 27 febbraio 2011

Obama : «Gheddafi se ne vada subito»

MILANO - Si stringe il cerchio attorno al regime di Muammar Gheddafi. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha firmato una serie di sanzioni contro la Libia, tra cui il congelamento dei beni del rais e dei suoi familiari depositati negli Stati Uniti. L'ordine esecutivo entra in vigore immediatamente e colpisce, oltre al colonnello, quattro suoi congiunti: Ayesha, generale dell'esercito; Khamis; Mutassim, consigliere per la sicurezza nazionale e Saif al-Islam. Venerdì il leader libico ha invitato i suoi sostenitori a prendere le armi contro i manifestanti in un Paese messo a ferro e fuoco, dove le vittime sarebbero già molte migliaia: «Ci batteremo e vinceremo. Se occorresse, apriremmo tutti i depositi di armi per armare tutto la popolazione» ha detto nel suo primo intervento pubblico dall'inizio della rivolta. Saif al-Islam, figlio del rais, ha però aperto uno spiraglio al dialogo: ha proposto agli oppositori di sospendere gli attacchi e intavolare dei negoziati.
Il Presidente Usa, Barack Obama, si è detto convinto che Gheddafi, «se ne deve andare ora», perché ha perso la legittimità a governare. Lo ha fatto sapere con una nota la Casa Bianca. La presa di posizione è la più dura, mai presa finora, dall'amministrazione statunitense. Obama ne ha parlato in una conversazione telefonica con il Cancelliere tedesco, Angela Merkel. «Il Presidente ha fatto presente», si legge nella nota, «che quando l'unico strumento che un leader utilizza per rimanere al potere è l'utilizzo della violenza di massa contro il suo popolo, egli ha perso la legittimità a governare e deve fare quel che è giusto per la nazione facendosi da parte».

BAN KI-MOON: «RUOLO ATTIVO DELL'ITALIA» - Appoggio continuo e ruolo attivo dell'Italia per le azioni decisive da prendere per risolvere la crisi libica: lo ha chiesto il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Secondo quanto riferisce in una nota il servizio del portavoce del Palazzo di Vetro, «nella sua telefonata con il premier Berlusconi, il segretario generale ha discusso le opzioni disponibili per risolvere la crisi e ha chiesto il continuo appoggio dell'Italia ed un suo ruolo attivo per una azione decisiva». Ban ha anche parlato per telefono con re Abdullah dell'Arabia Saudita.
La risoluzione franco-britannica sulla sanzioni
RISOLUZIONE ONU - Venerdì anche il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha trovato un'intesa. Una bozza di risoluzione che circola fra i quindici Paesi membri valuta sanzioni tra cui un embargo sulle armi, sui viaggi del rais e sul blocco dei suoi asset. Il Consiglio deve prendere «misure decisive» in tal senso, ha spiegato il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon: «La violenza deve cessare, chi versa con brutalità sangue di innocenti deve essere punito. Una perdita di tempo significa una perdita di vite umane». La bozza di risoluzione avverte inoltre Gheddafi che le violenze potrebbero essere considerate come crimini contro l'umanità. Il Consiglio dei diritti umani dell'Onu chiede la sospensione della Libia dai suoi ranghi e un'indagine indipendente sulle violenze, mentre l'Unione europea potrebbe decretare un embargo sulle armi, il congelamento dei beni e il divieto dei visti nei confronti di Gheddafi e del suo entourage.
«DISERTATE O PROCESSO» - Ma il colonnello si è attivato per tempo nella speranza di salvare il suo immenso patrimonio. Secondo il Times sarebbe riuscito a nascondere 3 miliardi di sterline in un fondo di investimenti privati a Mayfair (quartiere chic di Londra), grazie a un intermediario basato in Svizzera che prima aveva avvicinato una nota casa di investimenti della City con l'obiettivo di depositare lì i fondi ma era stato bloccato. Il Tesoro britannico ha sguinzagliato i suoi segugi per identificare i capitali libici nascosti nel Paese: miliardi di sterline in conti bancari, oltre a una villa a Hampstead valutata 10 milioni. Dalla Gran Bretagna, e in particolare dal quotidianoGuardian, arriva anche un'altra notizia, secondo cui le autorità inglesi starebbero contattando figure di spicco del regime libico per persuaderle ad abbandonare Gheddafi ed evitare così il processo per crimini contro l'umanità. Sarebbero stati messi a punto piani di emergenza per sgomberare l'ambasciata del Regno Unito a Tripoli, ma il Foreign Office ha smentito una chiusura della sede nel fine settimana. L'ex ministro dell'Interno libico Abdel Fattah Yunis, in un'intervista concessa alla tv Al Arabiya, ha invitato l'esercito a unirsi subito alla rivolta del popolo, perché «ci dono le condizioni per vincere questa battaglia». E come hanno fatto altri diplomatici nei giorni scorsi, anche l'ambasciatore libico in Iran ha chiesto che Gheddafi lasci il potere: «Darà un segno di coraggio, il popolo è in grado di guidare il Paese».

Sim card e ipod di fianco a Yara Genitori a Milano per il riconoscimento

MILANO - Una domenica terribile a Brembate di Sopra, iniziata con la certezza che le ricerche di Yara sono terminate per sempre. Il dolore viene scandito ogni ora, quando le campane della chiesa principale suonano «perché Yara è un angelo e gli angeli bisogna festeggiarli» spiega don Corinno Scotti, il parroco del piccolo comune bergamasco che sabato ha fatto visita alla famiglia di Yara: «Il padre mi ha detto "non dirmi nulla e abbracciami"». «Nelle favole - ha commentato don Scotti - abbiamo sempre sentito che tutto finisce bene: gli orchi vengono sconfitti. Adesso, invece, sappiamo cos'è un orco e fino a che punto può arrivare l'uomo. Siamo preoccupati sapendo che c'è un orco tra di noi».
IL MISTERO DEL RITROVAMENTO - Ora restano gli interrogativi sulla morte della ragazzina e sul ritrovamento del cadavere in uno dei luoghi più controllati dal 26 novembre scorso, data della scomparsa. Il corpo, in un campo incolto a Chignolo d'Isola (Bergamo), era disteso sulla schiena con le braccia all'indietro. A riferirlo è un testimone oculare, uno dei primi arrivati sul posto, che ha potuto osservare la scena del crimine prima che tutti venissero allontanati per fare spazio agli uomini della Scientifica. Secondo quanto si è appreso, i resti non erano individuabili da lontano, e nonostante si trovassero senza alcuna copertura nemmeno parziale sopra le sterpaglie, già da pochi passi risultavano praticamente invisibili. La scena apparsa davanti agli occhi delle prime persone accorse sul posto è stata quella di un cadavere in avanzatissimo stato di decomposizione: disteso sulla schiena, con le braccia all'indietro oltre il capo come nel tentativo di liberarsi da qualcuno di dosso, o forse per via di un breve trascinamento. Le mani parzialmente coperte dalle maniche del giubbotto, lo stesso che indossava il giorno che è scomparsa, come peraltro gli altri abiti che indossava, la felpa, i pantaloni elasticizzati e i guanti. In tasca sono stati trovati alcuni oggetti come una sim card di un telefonino, presumibilmente il suo, le chiavi di casa e la batteria di un telefonino, che invece manca all'appello. Il corpo in alcuni tratti era quasi mummificato e in alcuni punti scarnificato forse per l'intervento di alcuni animali, e presentava dei taglietti, uno più esteso alla schiena all'altezza dei reni, altri più piccoli all'altezza del collo e del petto. Segni che però ancora non è chiaro se siano stati provocati da chi l'ha aggredita o se siano stati inflitti post mortem. Una parola certa su tutto ciò non si potrà avere, a livello investigativo, fino a quando gli accertamenti più approfonditi sugli oggetti trovati e le risultanze autoptiche, fissate per lunedì, non daranno il giusto valore a ciascuno di questi elementi. «Abbiamo trovato cose importantissime...» ha confermato il questore di Bergamo, Vincenzo Ricciardi. «Sono al lavoro ininterrottamente gli esperti scientifici dell'Ert (Esperti ricerche tracce) - ha aggiunto - cercano ogni traccia minuziosa, ma comunque ciò che è stato trovato è importantissimo. Qualcos'altro, invece, lo stiamo ancora cercando». Sarà l'autopsia di lunedì a fornire forse le prime risposte sulla morte della ragazza.
«Io ci sono stato a cercare là, non c'era assolutamente niente» ha detto domenica mattina, con parole smozzicate, un operaio che lavora nella ditta Rosa & C., una Spa che produce laminati industriali, proprietaria del terreno sterrato e al momento incolto, dove è stato ritrovato il corpo di Yara. Già sabato si era accennato al fatto che oltre alle ricerche effettuate dai volontari della Protezione Civile proprio in quel posto, anche i dipendenti della ditta avevano deciso, in una occasione, di effettuare una ricerca tutti insieme. «Sì, sì - conferma l'operaio - ci siamo stati a vedere in quel posto. E c'ero anch'io, ma là non c'era assolutamente niente». La Rosa & C. Spa è un'azienda molto grande con diversi capannoni, sia industriali che ad uso ufficio, che si estende per un fronte di oltre 100 metri e termina proprio alla fine della strada asfaltata oltre la quale comincia il campo incolto dove sono stati trovati i resti.
«NESSUNA AUTO IN FUGA» - Il questore ha anche smentito le indiscrezioni che parlavano di un testimone che sabato mattina avrebbe visto un'auto allontanarsi a gran velocità da dove, nel pomeriggio, è stato trovato il corpo di Yara. «Non c'è nessuna macchina. È una sciocchezza. C'è un solo testimone che è la persona che, mentre faceva volare uno dei suoi aereomodelli, ha trovato il corpo», spiega il questore.
GENITORI A MILANO - I genitori di Yara Gambirasio sono andati all'istituto di medicina legale di Milano dove è stato portato il cadavere della ragazzina trovato sabato. I due erano a bordo di una macchina delle forze dell'ordine scortata da altre due autovetture e sono entrati direttamente in auto nel cancello dell'istituto, per uscire poi uscire
AFFLUSSO DI CURIOSI CON BAMBINI - Prosegue intanto l'afflusso di cittadini della zona, e di curiosi, in via Bedeschi a Chignolo d'Isola (Bergamo), il luogo dove è stato trovato il corpo di Yara Gambirasio. Capannelli di cittadini. In diversi sono arrivati anche con i figli e davanti a loro discutono dei particolari del ritrovamento. «Sono venuto qui a vedere quello che è successo - dice un uomo sulla quarantina che tiene per mano due bambini - io sono di Terno d'Isola, ma non potevo non passare di qua». In molti esprimono, parlando con i giornalisti, la loro solidarietà accorata alla famiglia Gambirasio. Altri si limitano a curiosare e a scattare qualche foto con il cellulare.

Libia, arrivano le sanzioni dell'Onu Frattini: «Gheddafi se ne vada»

MILANO - Dopo quelle firmate dal presidente Obama, contro il regime di Muammar Gheddafi arrivano anche le sanzioni decise dal Consiglio di sicurezza dell'Onu, che si è espresso domenica notte approvando all'unanimità la risoluzione 1970.
FRATTINI - Dura la presa di posizione del ministro degli Esteri Franco Frattini; secondo cui la situazione in Libia è a un «punto di non ritorno» ed è «inevitabile» che Gheddafi se ne vada: «Non avevamo mai visto situazioni in cui il capo di un regime dà ordine di uccidere i suoi stessi fratelli e le sue stesse sorelle, assoldando addirittura dei mercenari». La stessa richiesta di una cessione del potere da parte del Raìs è stata formulata da Stati Uniti e Gran Bretagna. Frattini ha spiegato che l'Italia non ha alcun vincolo che le impedirebbe di intraprendere azioni nei confronti della Libia derivante dall'accordo di amicizia tra Roma e Tripoli perché «la sospensione di fatto del trattato è già una realtà».
LA RISOLUZIONE - Il documento dell'Onu (volto a «deplorare la grave e sistematica violazione dei diritti umani, tra cui la repressione di manifestanti pacifici») prevede il blocco dei beni del Raìs e di alcuni suoi familiari e dignitari, l'embargo alle vendite di armi e un possibile coinvolgimento della Corte penale internazionale dell'Aja per i crimini di guerra o contro l'umanità. L'ambasciatrice degli Stati Uniti all'Onu Susan Rice ha sottolineato che la risoluzione fa riferimento all'articolo 7 della Carta delle Nazioni Unite, che non esclude un intervento internazionale nel caso si mostrasse necessario. I membri del Consiglio hanno espresso preoccupazione per le morti di civili, «respingendo inequivocabilmente l'incitamento alle ostilità e alla violenza contro la popolazione condotto dagli alti gradi del governo libico».
I PUNTI - Per ottenere un'«azione decisiva», ovvero porre fine alla repressione e allo spargimento di sangue nelle strade di Tripoli, i quindici del Consiglio, in linea con l'Unione Europea, hanno stabilito sanzioni dirette contro Muammar Gheddafi, otto dei suoi figli, due cugini e undici esponenti del regime di Tripoli, 22 persone in tutto. Nel documento si impone ai 192 Paesi che fanno parte delle Nazioni Unite di «congelare senza ritardo tutti i fondi, le disponibilità finanziarie e le risorse economiche di questi individui». Ci sono poi l'embargo sulle forniture di armi e il deferimento alla Corte dell'Aja. Secondo i quindici, oltre a Gheddafi, primo responsabile dell'eccidio in qualità di «comandante delle forze armate», vanno colpiti anche due suoi cugini: Ahmed Mohammed Ghedaf al-Daf, artefice di «operazioni contro i dissidenti libici all'estero e coinvolto direttamente in attività terroristiche», e Sayyid Mohammed Ghedaf al-Daf, «coinvolto in una campagna di assassini di dissidenti e probabilmente di una serie di uccisioni in giro nell'Europa». Presi di mira anche il capo delle forze armate Masud Abdulhafiz, il ministro della Difesa Abu Bakr Yunis, il capo dell'antiterrorismo Abdussalam Mohammed Abdussalam, oltre ad altri vertici dell'intelligence.
«MESSAGGIO FORTE» - «Spero che il messaggio sia ascoltato e preso in considerazione dal regime in Libia» ha commentato il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, congratulandosi per il voto unificato, un voto - ha detto - che «manda un messaggio forte che le gravi violazioni dei diritti umani di base non possono essere tollerate». Poco prima Ban aveva chiamato il presidente del Consiglio Berlusconi per discutere le opzioni disponibili per risolvere la crisi e chiedere «il continuo appoggio dell'Italia e un suo ruolo attivo per un'azione decisiva». La linea dura decisa dal Consiglio è appoggiata dalla missione libica alle Nazioni Unite, che in una lettera sostiene le misure contro i «responsabili degli attacchi armati contro i civili libici, anche attraverso la Corte penale internazionale». La lettera è stata firmata dall'ambasciatore Mohamed Shalgham, ex sostenitore di Gheddafi che ha avuto un drammatico ravvedimento dopo lo scoppio delle repressioni. Venerdì Shalgham aveva chiesto al Consiglio di muoversi velocemente per fermare il bagno di sangue. Si muove l'Europa: l'Alto rappresentante per la politica estera Catherine Ashton ha detto che la repressione avrà «conseguenze» e ha chiesto di nuovo la fine «immediata» delle violenze e delle violazioni dei diritti umani. «Gheddafi e le autorità libiche sanno che le loro azioni inaccettabili e scandalose avranno conseguenze - spiega Ashton -. L'impunità contro i crimini commessi non sarà tollerata. Le sanzioni della Ue saranno formalmente adottate nel più breve tempo possibile». Anche la Russia prende posizione: in una telefonata al collega libico Musa Kusa, il ministro degli Esteri di Mosca Serghiei Lavrov ha condannato l'uso «inaccettabile» della forza contro i civili. E dopo quella di Washington c'è la dura presa di posizione di Londra: il ministro degli Esteri William Hague ha detto che Muammar Gheddafi se ne deve andare. La Gran Bretagna ha quindi revocato l'immunità al colonnello e ai suoi figli, «per far capire qual è la nostra posizione sul suo status di capo di Stato» ha spiegato Hague.