domenica 20 febbraio 2011

Libia in rivolta: 285 morti a Bengasi

MILANO- La Libia del colonnello Gheddafi fronteggia un una contestazione senza precedenti. La rivolta contro un potere che dura da più di 40 anni finisce nel sangue: si contano morti a decine. A Bengasi il bilancio tragico e comunque non ufficiale degli scontri del fine settimana è di oltre 280 vittime. Armi da fuoco e razzi usati da polizia e forze speciali dell'esercito, in una situazione che prefigura una vera e propria guerra civile. Le notizie dalla Libia continuano ad arrivare soltanto via Internet e con molta difficoltà, perché la Rete è stata bloccata e l'accesso chiuso quasi ovunque nel Paese. La tv di Stato, invece, mostra immagini di tranquillità nelle vie di Bengasi e Tripoli e afferma che il regime di Gheddafi non è in pericolo nè minacciato. Tuttavia un segnale che le cose non stiano proprio in questi termini arriva dalla notizia del rappresentante libico presso la Lega Araba che ha rassegnato le sue dimissioni affermando di essersi «unito alla rivoluzione». In serata è arrivata anche la notizia di 3 mila persone nelle strade della capitale, dirette verso il palazzo presidenziale, dove si sono radunate anche le fazioni favorevoli al colonnello.
MINACCIA SULL'IMMIGRAZIONE - Il volto duro viene in ogni caso mostrato anche all'esterno, nei confronti dell'Europa e, quindi, anche dell'Italia, il Paese Ue più vicino ed esposto. Con una vera e propria minaccia arrivata alla presidenza ungherese di turno della Ue : se l'Unione Europea non cesserà di sostenere le rivolte in corso nei Paesi del Nord Africa e in particolare in Libia, Tripoli cesserà ogni cooperazione con la Ue in materia di gestione dei flussi migratori. Ma nel tardo pomeriggio arriva dall'alto rappresentante della politica estera Ue, Catherine Ashton, un nuovo invito alle autorità libiche affinché siano fermate «subito» le violenze contro i manifestanti. E anche la Casa Bianca ha fatto sentire la propria voce: il portavoce del dipartimento di Stato, Philip Crowley, ha detto che l'amministrazione Obama segue «molto preoccupata» l'evolversi della situazione in Libia, e chiede ufficialmente che sia posta fine «a ogni violenza contro i manifestanti pacifici». C'è ora attesa per un intervento che il figlio di Gheddafi, Seif, terrà alla tv pubblica.
Un'immagine degli scontri a Bengasi da un servizio di SkyTg24(Ansa)
Un'immagine degli scontri a Bengasi da un servizio di SkyTg24(Ansa)
SPARI SUL CORTEO FUNEBRE- Il regime sta cercando di resistere alle proteste libertarie scoppiate sull'onda delle sollevazioni in Tunisia in Egitto e in altri Paesi del Nordafrica e persino nell'area del Golfo. Il leader libico ha reagito con la forza alle manifestazioni di protesta degli ultimi giorni, schierando reprati dell'esercito accanto alla polizia. Il bilancio degli scontri avvenuti sabato a Bengasi tra manifestanti e forze della sicurezza libica fedeli al regime sarebbe, secondo fonti mediche, di 285 morti e di 700 feriti. La tensione resta alta e proprio a Bengasi l'esercito, secondo quanto riferito da una testimone alla tv Al Jazeera, ha sparato razzi Rpg sui manifestanti. E non solo le adunate politiche sono arischio. Almeno 12 persone sono state uccise sabato quando cecchini hanno sparato sulla folla che partecipava a un corteo funebre. Quella tra sabato e domenica è stata una notte di scontri in diverse città libiche, compresa Tripoli, anche se al momento non è chiaro se nella capitale vi siano state vittime. Nella serata di domenica, membri di un'unità dell'esercito libico a Bengasi hanno detto ai manifestanti di essere passati dalla parte dei rivoltosi. La città è stata «liberata» dalle forze filogovernative, hanno affermato.
Gheddafi (Imago Economica)
Gheddafi (Imago Economica)
IL BILANCIO VITTIME - C'è comunque ancora incertezza sul numero esatto delle vittime per il fatto che i giornalisti stranieri non vengono fatti entrare in Libia, mentre Internet è quasi totalmente bloccato. Secondo un testimone citato dal quotidiano britannico The Independent, Ahmed Swelim, le vittime sarebbero molte di più. «Il bilancio è molto più alto di quanto riferito. Ci sono più di 200 morti. Mio cugino, che è un medico di un grande ospedale, ha visto i cadaveri. Ci sono più di 1.000 feriti», ha spiegato. Intanto, le autorità libiche hanno spiegato di avere arrestato decine di cittadini arabi appartenenti a «un'organizzazione» che avrebbe come suo fine ultimo la destabilizzazione del paese. Secondo l'agenzia ufficiale Jana, che cita fonti della sicurezza, «le persone arrestate sono state prelevate in alcuni villaggi libici» perché impegnati a compromettere «la stabilità della Libia, la sicurezza dei suoi cittadini e la loro unità nazionale». Si tratta di «cittadini di nazionalità tunisina, egiziana, sudanese, palestinese, siriana e turca». Un dimostrante a Bengasi ha riferito inoltre alla Bbc che anche alcuni soldati stanno passando «dalla parte della protesta», mentre qualcuno riferisce di una città quasi «fantasma» con le forze di sicurezza ritiratesi nella cittadella fortificata, noto come il Centro di Comando, da dove «sparano i cecchini». E, secondo la tv araba Al Jazeera, sabato alcuni aerei da trasporto militari carichi di armi per la polizia sono atterrati in un aeroporto a sud di Bengasi. Forze speciali sarebbero inoltre pronte ad agire, pensate e organizzate per una lotta senza confini: l'obiettivo è annientare la protesta e per farlo, spiega un oppositore, si reclutano «unità militari di origine africana, che non hanno legami tribali e sulle quali si può quindi contare per una letale campagna di repressione».
POLIZIOTTI IN OSTAGGIO - Intanto un gruppo di «estremisti islamici» ha preso in ostaggio poliziotti e civili nell'est della Libia. Lo ha reso noto un alto esponente libico. Il gruppo terroristico «per non uccidere gli ostaggi domanda la fine dell'assedio imposto dalle forze dell'ordine», spiega il portavoce del governo.
FRATTINI E LA CLINTON - Sul fronte diplomatico il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha informato il segretario di Stato Usa Hillary Clinton sui tentativi di mediazione tra istituzioni e oppositori in Cirenaica condotti dal ministro degli Interni della Libia per favorire una soluzione pacifica. La Farnesina ha intanto diramato un comunicato per «sconsigliare tassativamente qualsiasi viaggio non essenziale» nella regione della Cirenaica e in particolare a Bengasi, Ajdabya, Al Marj, Al Beida, Derna e Tobruk. Cresce comunque l'allarme in Europa per la situazione in Libia. L'Austria ha annunciato oggi l'invio di un aereo militare a Malta per un'eventuale evacuazione di suoi cittadini e altri europei dalla Libia o altri Paesi arabi scossi da rivolte.

Sanremo 2011, gran finale: Vecchioni vince, Belen canta e incanta

Ieri notte gran finale del Festival di Sanremo edizione 2011. E’ stata decretata la vittoria di Roberto Vecchioni – peraltro quasi anticipata dalle incaute rivelazioni, a televoto ancora in corso, da parte di un portavoce di Raitrade – che ha dedicato la sua bella e intensa “Chiamami ancora amore” alle donne. Un trionfo, quello del cantautore brianzolo, in qualche modo “politico”, nel senso più nobile che a questo aggettivo troppo spesso svilito si può attribuire. Quale interprete lucido ma non cinico della fase storica e sociale che attraversiamo, con il suo brano ha colto quell’intimo desiderio, vivo in ognuno di noi, di ritrovare, con emozione, con speranza, con orgoglio, il pieno senso della nostra italianità.

Inter, doppio fuorigioco da 3 punti


MILANO - Con un gol in (doppio) fuorigioco l'Inter batte il Cagliari 1-0 a San Siro e accorcia le distanze sul Milan, in campo domenica pomeriggio a Verona. Sono soltanto 2, ora, i punti di distacco dalla capolista mentre il Napoli, ultimo a giocare nel posticipo di domenica sera in casa contro il Catania, non ha ancora smaltito la rabbia per la conferma della squalifica a Lavezzi. L'antipasto domenicale delle 12.30 è Lecce-Juventus.
Le proteste dei giocatori del Cagliari (Ansa)
SVISTA DECISIVA - Dopo 8 minuti il Cagliari è costretto a cambiare partita a San Siro. Niente difesa e ripartenze, i sardi si trovano a inseguire una difficile ( e alla fine impossibile) rimonta. Capita, se dall'altra parte c'è l'Inter. Però se il vantaggio dei Campioni del mondo viene da un gol con non uno, ma ben due giocatori (Motta e Ranocchia) in fuorigioco, si fatica ad accettarlo. Le proteste dei rossoblu (per l'occasione in completo rosso) tuttavia non servono: l'arbitro convalida perché ne lui né soprattutto il guardalinee hanno visto che sul tiro di Kharja in mischia (dopo una punizione al limite dell'area che l'Inter ha battuto furbamente a sorpresa) sia Thiago Motta sia Ranocchia sono davanti alla linea di porta. Lo stesso Ranocchia devia il pallone in rete mentre un difensore del Cagliari, che cerca di intervenire, viene in pratica stoppato da Motta. Dopo questo episodio il primo tempo non ha quasi altre emozioni. L'Inter cerca di tener palla, il Cagliari cerca di riorganizzarsi e reagire, ma ci riesce davvero soltanto nel secondo tempo. Da metà ripresa, soprattutto, mette in seria difficoltà la difesa nerazzurra. Cossu e Conti in evidenza, ma si sente la mancanza di un uomo gol come Matri. Acquafresca e Nenè non sono altrettanto efficaci e opportunisti. L'Inter va un po' in affanno e fatica parecchio. Alla fine, però, porta a casa 3 punti poco meritati ma molto utili. «Non pensavo che avremmo sofferto così tanto - ha detto Leonardo - . Ma quando vinci giocando male è un bel segnale»
PALERMO ANCORA KO - Nel primo anticipo della giornata, il Bologna batte 1-0 il Palermo. Per il tecnico Rossi possibili altre reprimende da parte del presidente Zamparini. Il Bologna conquista tre punti preziosi all'ultimo minuto (col di Paponi al 44' della ripresa). Ma il risultato premia comunque la squadra che ha fatto di più. Per il Palermo è un momento meno brillante, anche se i rosanero sono stati costretti a giocare più di metà della ripresa in inferiorità per l'espulsione di Garcia.
JUVENTUS A PRANZO - I bianconeri sono intenzionati a proseguire nella striscia positiva dopo i successi a Cagliari e in casa contro l'Inter. La trasferta a Lecce, dove si giocherà domenica alle 12.30, capita al punto giusto, anche perché tra i salentini mancheranno quattro squalificati. Confermata la squadra che ha sconfitto i campioni d'Italia con la coppia d'attacco Toni-Matri, centrocampo a quattro con Krasic (in ballottaggio con Martinez), Aquilani, Felipe Melo e Marchisio, e difesa con Chiellini a sinistra, Sorensen a destra e Barzagli-Bonucci coppia centrale. Matri ha parlato di «una Juventus motivata e con il morale alto. Abbiamo fiducia nei nostri mezzi e tanta voglia di far risultato a Lecce». Con la maglia del Cagliari, il neobomber bianconero ha realizzato una doppietta a Lecce solo tre mesi fa.
TENSIONI MILAN - Archiviate le polemiche per la rissa finale in Champions con il Tottenham, il Milan si immerge nella non facile sfida contro il Chievo. A Verona i rossoneri indosseranno una divisa speciale per ricordare i 25 anni di presidenza di Silvio Berlusconi, iniziata il 20 febbraio 1986. Buone notizie dai due recuperati Abbiati e Boateng: il portiere giocherà regolarmente dal primo minuto, mentre il ghanese dovrebbe partire dalla panchina. Pochi i dubbi per Allegri, che potrà contare su Cassano in attacco favorito su Pato, e su Van Bommel ed Emanuelson a centrocampo, in vantaggio su Flamini, apparso ancora indietro di condizione contro il Tottenham. In mediana assieme ai due olandesi ci sarà Gattuso, mentre Thiago Silva tornerà in difesa dopo l'esperimento a centrocampo. Intanto continuano a rincorrersi le voci di un possibile accordo tra Mexès, in scadenza di contratto con la Roma, e il Milan. Secondo L'Équipe il difensore transalpino avrebbe già trovato un accordo con i rossoneri per la prossima stagione.

GLI ALTRI INCONTRI - Domenica ore 15: Fiorentina-Sampdoria, Genoa-Roma, Lazio-Bari, Parma-Cesena, Udinese-Brescia.
NAPOLI - Confermati i tre turni di squalifica per Lavezzi per scambio di «cortesie» a base di sputi con il romanista Rosi. Respinto il ricorso, quindi il Pocho non sarà in campo nel posticipo di domenica sera che vedrà opposto il Napoli al Catania. Intanto in casa azzurra Paolo Cannavaro ha rinnovato il contratto sino al 2015.

Napolitano e il processo sul Rubygate «Si svolgerà secondo giustizia»

MILANO - Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, alla vigilia della sua visita ufficiale in Germania ha rilasciato un'intervista a «Welt am Sonntag» in cui parla anche del caso Ruby e della situazione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. E sottolinea: «Confido nel nostro Stato di diritto». Quanto al premier, dice il capo dello Stato, «penso che abbia le sue ragioni e buoni mezzi giuridici per difendersi contro le accuse. Sia la nostra Costituzione, sia le nostre leggi garantiscono che un procedimento come questo, in cui si sollevano gravi accuse che il Presidente del Consiglio respinge, si svolgerà e concluderà secondo giustizia».
SITUAZIONE POLITICA - Quanto alla situazione più strettamente politica Napolitano ha aggiunto al quotidiano tedesco: Il «Governo regge finché dispone della maggioranza in Parlamento e opera di conseguenza». «Troppo spesso si scelgono toni troppo clamorosi, troppo eccessivi, nel giudizio si manca di misura, molte analisi sono contraddistinte da un certo estremismo. Tutto questo contribuisce a inasprire la tensione politica. I partiti si scontrano, si dividono - tutto questo in un certo modo è normale in una democrazia. In Italia, tuttavia, ciò degenera in una vera e propria guerriglia politica» ha aggiunto ancora Napolitano.

Il Viminale e i timori per la Libia «Rischio invasione di clandestini»

ROMA - Il rischio di un esodo che potrebbe ben presto trasformarsi in invasione è ben chiaro agli specialisti del Viminale. Perché quanto accaduto nei giorni scorsi con gli sbarchi dei tunisini diventerebbe un'inezia se le autorità libiche decidessero di sospendere i controlli nei porti e sulle spiagge dove continuano ad ammassarsi gli stranieri provenienti da tutta l'Africa subsahariana. Centinaia di migliaia di persone che non aspettano altro se non riuscire ad abbandonare quelle terre e attraversare il Mediterraneo per arrivare in Italia e poi nel resto d'Europa. Lo sa bene il ministro dell'Interno Roberto Maroni, in costante contatto con l'ambasciatore in Italia Abdulhafed Gaddur. Una preoccupazione che si somma a quella per la sorte degli italiani residenti in Libia. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha chiesto la verifica costante delle presenze per poter valutare - come ha già fatto la Turchia - anche l'ipotesi di predisporre il rimpatrio di chi vuole rientrare.

«Prospettiva
che inquieta»

Lo «sconsiglio» comparso sul sito web della Farnesina dedicato a chi viaggia evidenzia le «situazioni di specifica criticità segnalate in Cirenaica, regione al confine con l'Egitto» e invita a non effettuare «qualsiasi viaggio non essenziale nell'area». Ma ben più esplicito è l'ultimo report trasmesso al ministro dall'Unità di crisi perché, pur sottolineando come a Tripoli il clima sia al momento ancora «tranquillo», specifica la «problematica situazione della Cirenaica» ed evidenzia come sia «la prospettiva che inquieta». Per questo rende conto dei «contatti costanti con l'ambasciata per la valutazione dei diversi possibili scenari relativi alla comunità italiana, avendo già esaminato specifiche iniziative di tutela diretta per chi si trova nella zona di Bengasi».
Protezione mirata, dunque, non escludendo la possibilità di trasferire chi si trova nella zona degli scontri. Una nota ufficiale dell'Eni - che in Libia ha numerosi impianti e soprattutto moltissimi dipendenti - assicura che «al momento non si registra alcun tipo di problematica e la produzione continua, ma monitoriamo costantemente la situazione e seguiamo con attenzione gli sviluppi». La maggior parte dei lavoratori vive in una zona residenziale di Tripoli protetta da servizi costanti di vigilanza e dove finora non c'è stato alcun problema. Gli altri - assicura la società - sono comunque al sicuro. Ma le disposizioni date da Roma e condivise dall'ambasciatore Vincenzo Schioppa prevedono la possibilità di ottenere il rimpatrio immediato qualora la situazione dovesse degenerare anche nella capitale.

Il rispetto
del Trattato

Proprio a Bengasi fu firmato il «Trattato di amicizia» tra Italia e Libia che - in cambio di numerose concessioni economiche e politiche al regime del Colonnello - impegna i libici a monitorare le coste per impedire le partenze dalla zona nord del Paese, lì da dove sono sempre salpati gli scafisti con mezzi carichi di immigrati. Due giorni fa il ministro Roberto Maroni ha incontrato l'ambasciatore Gaddur e gli ha rinnovato la preoccupazione per quanto può accadere qualora la sorveglianza venga allentata. Un'eventualità che il diplomatico, ritenuto uno dei fedelissimi di Gheddafi ha escluso, assicurando come le autorità «continuano ad avere il controllo della situazione». In realtà i vertici degli apparati di intelligence e dunque anche i responsabili del settore immigrazione temono l'effetto domino che, come già accaduto in Tunisia e in Egitto, potrebbe portare a un ampliamento della rivolta e dunque a un'assenza di controlli. La conseguenza è ben chiara. Basti pensare che, secondo i dati ufficiali forniti dallo stesso Maroni nell'ottobre scorso, «dopo gli accordi con la Libia gli sbarchi sull'isola di Lampedusa sono diminuiti del 98 per cento. Sono infatti passati dai 37.000 del 2009 a 404 del 2010». Un trend positivo che con l'arrivo della bella stagione e con l'eventuale via libera da Zwara e dalle altre località costiere alle partenze potrebbe subire presto un'inversione. Non a caso dal Dipartimento dell'Immigrazione è partita la richiesta per un monitoraggio costante dell'area dove in questi mesi gli extracomunitari sono comunque arrivati. Hanno attraversato il deserto e sono rimasti nell'attesa di trovare comunque un modo per aggirare i controlli e provare a partire, semmai seguendo una rotta alternativa a quella che porta in Sicilia. E dunque puntando verso la Calabria, la Sardegna o addirittura verso Grecia e Turchia per poi muoversi con altri mezzi verso l'Italia e il nord Europa.