venerdì 4 marzo 2011

Spari a Tripoli dopo la preghiera

MILANO - In Libia resta alta la tensione. L'inviato dell'Ansa parla di spari uditi in piazza Algeria, nel centro di Tripoli, all'uscita dalla preghiera del venerdì dalla moschea. Dall'edificio religioso è stato notato un denso fumo nero levarsi al cielo. Nella piazza ci sono i sostenitori di Gheddafi che stanno manifestando a favore del governo. Non è ancora chiaro se vi siano delle vittime. Nello stesso luogo, una settimana fa, c'erano stati scontri tra fazioni ribelli e gruppi di sostenitori del regime che si erano conclusi con un bilancio di tre morti. Oggi invece ci sono solo i supporter di Gheddafi che innalzano bandiere e suoi ritratti e gridano «Allah, Muammar, Libia e basta». I fedeli che escono dalla moschea si uniscono alla manifestazione. La piazza è presidiata da polizia e da agenti dei corpi speciali della sicurezza. Diverse centinaia di contestatori del leader libico si sono invece riuniti nel distretto di Tajoura e hanno intonato slogan come: "Gheddafi è il nemico di Dio". Anche in questo caso la protesta è iniziata dopo le preghiere del venerdì.
GLI SPARI - Spari si sono uditi poi nel quartiere di Tajura, nella parte orientale di Tripoli, teatro di un raduno di centinaia di oppositori del regime, che le forze di sicurezza stanno disperdendo con gas lacrimogeni. Lo ha riferito un giornalista della Reuters. «Hanno sparato gas lacrimogeni. Ho sentito degli spari. La folla corre da tutte le parti», ha detto il reporter.
«VITTORIA O MORTE» - Ma le frizioni restano alte non solo nella Capitale. Il capo del Consiglio Nazionale Libico, Abdel Jalil, ha incitato i rivoltosi ad Al Beita, affermando che la battaglia per disarcionare il regime di Muammar Gheddafi non si ferma. «Vittoria o morte: non ci fermeremo fino a che non libereremo questa nazione», ha affermato l'ex ministro della Giustizia ora alla guida dell'organismo istituito dagli oppositori che controllano la Libia orientale. Ai suoi uomini, comunque, Jalil ha chiesto di far cessare la distruzione dei palazzi e li ha messi in guardia dal rischio di «infiltrazioni» degli uomini di Gheddafi. La folla ha accolto le sue parole inneggiando alla «prossima battaglia a Tripoli».
NEL RESTO DEL PAESE - Secondo l'emittente araba Al Jazeera, le truppe leali a Muammar Gheddafi hanno ucciso due rivoltosi e ne hanno ferito venti ad Al Zawiyah, a ovest di Tripoli. Secondo un testimone i militari governativi hanno sparato anche sulle ambulanze per impedire l'evacuazione dei feriti e hanno minacciato la popolazione di compiere rappresaglie casa per casa. Anche nel centro petrolifero di Ras Lanuf, nella zona orientale della Libia, sono scoppiati combattimenti tra rivoltosi e le forze fedeli al regime. Da Bengasi, un portavoce dell'opposizione aveva riferito dell'invio di rinforzi all'esercito presente a Ras Lanuf, situata a un centinaio di chilometri a ovest di Brega. E proprio a Brega si sono registrati nuovi bombardamenti che si aggiungono a quelli iniziati mercoledì e continuati poi per tutta la giornata di giovedì. La città è considerata uno dei capisaldi dei ribelli e in un'intervista a Sky News, Saif al Islam, secondogenito del leader libico Muammar Gheddafi, ha dichiarato che «le bombe servono solo a costringere i ribelli a ritirarsi», sottolineando che il regime farà di tutto per riconquistare il controllo del porto. «È l'hub libico per petrolio e gas - ha spiegato - tutti noi mangiamo e viviamo grazie a Brega. Senza Brega, sei milioni di persone non hanno futuro, perchè esportiamo tutto il nostro greggio da lì».

Missione Italia, oggi il via agli aiuti Quattro voli al giorno per i profughi

MILANO - «Una cosa è certa, siamo i primi a portare aiuti alimentari in Libia». Lo sottolinea Elisabetta Belloni, direttore generale della Cooperazione del ministero degli Esteri e responsabile della missione italiana in Libia e Tunisia che parte oggi, in una intervista al Sole 24 Ore. Gli aiuti «sono quelli che ci ha forniti la Coop. Insieme ai generatori di elettricità, ai potabilizzatori d'acqua e ai kit sanitari di patologia generale saranno presi in consegna dal pattugliatore della Marina Lybra che partirà oggi dal porto di Catania alla volta di Bengasi».
I VOLI - La missione «non è esente da rischi», e proprio per questo «ci siamo affidati alla Marina che imbarca anche alcuni elementi del reggimento San Marco». L'obiettivo è «far fronte alla pressione sul campo allestito dall'Unhcr vicino a Ras Ajdir», che giovedì ospitava «10 mila persone di cui 8 mila egiziani», con altri 11 mila profughi fuori dal campo che ancora devono essere identificati«. Il team partito giovedì (cui si aggiungerà «un rappresentante della Croce Rossa e un funzionario austriaco che ha chiesto di farne parte») sta valutando «le esigenze della autorità tunisine». Da «sabato mattina», poi, l'Italia garantirà dall'aeroporto di Djerba «quattro voli al giorno con i nostri 130 dell'Aeronautica militare verso varie destinazioni dell'Egitto». E una volta «conclusa la ricognizione, la Cooperazione è disponibile a prevedere l'invio di charter civili per collegare la Tunisia all'Egitto».
Il ministro Frattini (Fotogramma)
Il ministro Frattini (Fotogramma)
FRATTINI - «Credo che già stasera possa partire da Catania la nave italiana che da giovedì sta caricando derrate alimentari, impianti per l'elettrificazione e la potabilizzazione». Lo ha detto a Radio24 il ministro degli Esteri Franco Frattini a proposito della doppia missione umanitaria in Libia e in Tunisia. Ci vorranno 30 ore di navigazione per arrivare al porto di Bengasi. Sul versante tunisino, «il team della Farnesina e quello della Protezione civile sono già sul posto e stanno verificando dove montare le tende», ha spiegato il ministro. L'obiettivo è «aiutare l'evacuazione di alcune decine di migliaia di cittadini egiziani». Al confine tra Libia e Tunisia «abbiamo visto circa 90mila persone e sappiamo che in tutta la Libia ci sono almeno un milione e mezzo di non libici, che perdendo il lavoro non sanno dove andare», ha detto Frattini, concludendo: «non possiamo immaginare da dove potrebbero provenire altri flussi», per cui «dobbiamo essere pronti» al cosiddetto piano B di cui ha parlato il ministro dell'Interno Roberto Maroni. L'opzione militare in Libia non va «considerata con leggerezza». «Solo chi non conosce per niente il mondo arabo - dice Franco Frattini - può parlare con leggerezza di un'azione nel cuore del mondo arabo da parte di militari occidentali». Frattini ha ricordato che l'ipotesi di un'opzione militare in Libia necessita di «mandati precisi del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e della Nato» ma, soprattutto, ha puntualizzato il ministro, vanno tenute nella debita considerazione le «parole molto chiare della Lega Araba» che ha detto: «Gli occidentali non entrino con militari, eserciti o forze armate».

Il padre e i dubbi sollevati sull'età «Non ci furono ritardi all'anagrafe»

LETOJANNI (Messina) - «Non è vero... parla con l'avvocato». Dice poco M'Hammed El Mahroug, ma nega che la figlia abbia un'età diversa da quel che si è sempre detto. «Non è vero che sia stata registrata all'anagrafe due anni dopo la nascita - conferma il suo avvocato Venera Scrima - lo dico senza esitazione perché ne ho parlato col padre di recente. Karima è diventata maggiorenne quattro mesi fa».
Il legale era quasi in attesa della «presunta novità».«La voce girava da giorni - spiega - qualcuno mi aveva pure chiesto e io ho informato il padre che smentisce categoricamente. Probabilmente l'avvocato Ghedini fa riferimento ad usanze che in Marocco esistevano 50 anni fa, ma non in questo caso». E poi, si interroga il legale, perché i genitori avrebbero dovuto ingannare carabinieri e giudici ancora prima che Karima diventasse la Ruby dello scandalo col premier? «Per quattro anni - dice - i genitori si sono rivolti alle nostre istituzioni. In tribunale hanno accettato anche la richiesta della figlia di non tornare a casa purché restasse in una struttura protetta. Era affidata ai servizi sociali. Piuttosto bisogna interrogarsi sul perché nessuno l'abbia protetta». È quel che si chiede anche il padre che ha scritto una sorta di appello denuncia: «Voglio che si faccia luce sull'operato di quanti, comprese le forze dell'ordine, avendo in carico le sorti di Karima non hanno saputo proteggerla lasciando che, pur essendo ricercata e quindi ben nota alle stesse forze dell'ordine, fosse tranquillamente avviata alla prostituzione». Al legale il padre di Karima racconta di sentirsi «un uomo in lutto» e per questo ha esposto i drappi neri alle finestre. «Non ho la forza di tornare in Marocco - ha confessato - perché non saprei come guardare in faccia la mia anziana madre». E si difende: «Non è vero che maltrattavo mia figlia, non le ho mai lanciato l'acqua bollente. La cicatrice alla testa risale a quando aveva un anno. Io non sono come mi ha descritto e ancora oggi se tornasse l'accoglierei a braccia aperte». Intanto Ruby, da Vienna, ironizza: «Berlusconi non ha visto il mio certificato di nascita, dovrebbe chiedere a mia madre». 

giovedì 3 marzo 2011

L'inflazione corre, la Bce rivede le stime Trichet: «Possibile aumento tassi»

FRANCOFORTE - «Non è certo, ma è possibile un aumento dei tassi d'interesse il mese prossimo», ha detto il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, spiegando a proposito delle valutazioni del board che «siamo in una posizione di forte vigilanza» sull'inflazione, trainata dall'aumento dei prezzi della benzina. Trichet, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha spiegato in merito alla decisione sui tassi che «non ci impegniamo mai in anticipo» e che «la decisione sarà presa al prossimo consiglio direttivo» della Bce, convocato a Francoforte il 6 e 7 aprile.
L'INFLAZIONE - Infatti gli economisti della Banca centrale europea hanno rivisto al rialzo le stime d'inflazione nell'area euro. Le nuove stime, presentate dal presidente Jean-Claude Trichet, indicano ora un'inflazione fra 2% e 2,6% per il 2011 (contro una «forchetta» compresa fra 1,3% e 2,3% nelle proiezioni di dicembre) e fra 1% e 2,4% per il 2012 (contro 0,7%-2,3% di dicembre).
I RISCHI - Dunque la Bce suona l'allarme sui rischi di inflazione: «Sono in aumento», ha detto Trichet, aprendo la consueta conferenza stampa mensile e «aumentano» anche i rischi per la stabilità dei prezzi nel medio termine, il barometro principale della Banca centrale. È necessaria «una forte vigilanza» sull'evoluzione futura, tenendo sempre a mente che è «imperativo evitare effetti secondari», quindi più ampi sull'economia nel suo insieme, compresi i salari, da queste «pressioni a breve termine» che derivano dall'aumento dei prodotti energetici e di molte materie prime.
GOVERNANCE - «La Commissione Europea non ha fatto abbastanza» sulla Governance. «I Governi hanno indebolito la posizione della Commissione» al termine del Consiglio direttivo Trichet auspica «che il Parlamento europeo aiuti l'Europa a trarre una lezione dalla crisi per favorire un sistema di Governance migliore». Trichet insiste sulla necessità «dell'autamaticità delle procedure. È un fattore essenziale».
L'EURO - Dopo che a sorpresa la Banca centrale europea ha segnalato l'orientamento a procedere ad un rialzo dei tassi di interesse il mese prossimo si è registrato un balzo in avanti dell'euro sul mercato dei cambi. Nel pomeriggio la valuta dell'Unione a 17 si rafforza consistentemente, a 1,3948 dollari, laddove prima dei segnali della Bce fluttuava al di sotto di 1,39 dollari.

Carburanti: nuova raffica di aumenti

MILANO - Mentre il prezzo del petrolio Brent giovedì scende di 3 dollari barile fermandosi a 115,80 dollari, sul mercato italiano arriva una nuova fiammata dei prezzi dei carburanti. Le quotazioni internazionali di benzina e gasolio mercoledì sono salite di 20-30 dollari a tonnellata, tornando sopra i mille dollari a tonnellata per la prima volta dall'esate 2008. Ai distributori italiani, dopo l'aumento di mercoledì da parte di Eni ed Esso, il monitoraggio di Quotidiano Energia registra i rincari di Ip, Q8, Tamoil, TotalErg e ancora Esso.
Il commento
di Daniele Manca
IL DETTAGLIO - Ip ha rialzato di 0,5 centesimi la benzina e di 0,7 centesimi il diesel, Q8 di 1 centesimo il gasolio, Tamoil e TotalErg di 0,5 centesimi la verde e di 0,8 centesimi il diesel. Esso, infine, ha alzato di 0,4 centesimi entrambi i prodotti. La media dei prezzi praticati della benzina va così dall'1,546 euro/litro degli impianti Tamoil all'1,552 dei punti vendita Eni (mentre i distributori indipendenti hanno prezzi di 1,465 euro/litro). Per il gasolio si passa dall'1,436 euro/litro delle stazioni di servizio Esso all'1,444 rilevato negli impianti Q8 (con gli indipendenti a 1,378). Il Gpl, infine, si posiziona tra lo 0,789 euro/litro registrato nei punti vendita Eni allo 0,798 euro/litro degli impianti Q8 e Tamoil (0,771 euro/litro le no-logo). Per via delle addizionali regionali, tuttavia nel Mezzogiorno si segnalano punte massime di 1,587 euro/litro per la verde e di 1,463 euro/litro per il diesel.

Libia, Gheddafi bombarda Brega

MILANO - Un aereo da guerra ha bombardato giovedì il terminal petrolifero di Brega, la città libica orientale dove ieri gli insorti hanno respinto un attacco aereo e di terra delle truppe fedeli di Gheddafi. Lo riferiscono testimoni. La notizia si è diffusa velocemente. I ribelli libici stanno facendo rotta in massa verso Brega per rafforzare le loro posizioni prima di un eventuale attacco delle truppe del rais. «Le forze di Gheddafi preparano un nuovo attacco», ha dichiarato Mahmoud al-Fakhri, uno degli insorti che ha lasciato Ajdabiya per recarsi a Brega. Secondo quanto riferito dalla stessa fonte, i dintorni della città sono stati fatti oggetto di nuovi raid aerei mercoledì sera. Negli scontri che hanno avuto luogo nelle ultime 24 ore, almeno dieci persone sono morte. Mercoledì sera, però, l'opposizione aveva fatto sapere di avere respinto l'offensiva dei militari fedeli a Gheddafi e di avere il pieno controllo della città. Tutto questo mentre le tre navi da guerra Usa che hanno attraversato mercoledì il Canale di Suez, sono ora a 50 miglia al largo della costa libica e circa 400 marines sono arrivati nella base americana di Souda Bay a Creta, pronti a imbarcarsi a bordo delle unità da guerra Kearsage Ponce che dovrebbero attraccare sull'isola greca nelle prossime ore. Il sottosegretario al dipartimento di Stato Philip Gordon, che si è incontrato ad Atene con il ministro degli Esteri Dimitri Droutsas, ha escluso che sia in fase di preparazione un'operazione militare contro la Libia. Gordon ha detto che «stiamo semplicemente preparandoci a far fronte a tutte le eventualità».
Nuovo attacco a Brega
APERTURA INCHIESTA - Il procuratore della Corte penale internazionale, Luis Moreno-Ocampo, ha annunciato l'apertura di un'inchiesta per crimini contro l'umanità in Libia. Intanto è diventato operativo il blocco dei beni dei sei principali componenti della famiglia Gheddafi e di 20 stretti collaboratori del regime libico. Il regolamento Ue che dispone il congelamento di tutti i fondi e le risorse economiche di queste 26 persone è stato pubblicato oggi sulla Gazzetta Ufficiale dell'Ue ed è entrato immediatamente in vigore.
GLI INTERVENTI DIPLOMATICI - Nel frattempo, però, non si interrompono i tentativi di una ricomposizione diplomatica della situazione. Gheddafi, secondo la tv araba Al Jazeera, si sarebbe detto favorevole al piano di pace proposto mercoledì dal presidente venezuelano, Hugo Chavez. Nel corso di un colloquio telefonico tra i due leader, Chavez ha proposto di creare una missione internazionale formata da Paesi amici per mediare tra i dirigenti libici e ribelli. Proposta che non piace allo schieramento anti-regime: «Respingiamo con forza la proposta di pace avanzata da Chavez» ha affermato l'ex ministro della Giustizia libico e attuale leader dell'opposizione, Mustafa Abdel Jalil, in un'intervista ad Al Jazeera. «Non accetteremo la proposta di mediazione dei venezuelani - ha affermato - perché vogliamo la caduta di Muammar Gheddafi e del suo regime». L'ex ministro ha quindi chiesto «alla comunità internazionale il riconoscimento del Consiglio nazionale fondato nei giorni scorsi a Bengasi come rappresentante della volontà del popolo libico. Siamo già in contatto con la Lega Araba e con le diplomazie di diversi Paesi per ottenere questo riconoscimento».

mercoledì 2 marzo 2011

La controffensiva di Gheddafi Tuona in tv: «Costretto Italia a scusarsi»

ADJABIYA (LIBIA) - Muammar Gheddafi è tornato in tv in occasione del 34mo anniversario della fondazione della Jamahiria. «Dal 1977 ho dato il potere al popolo e da allora non ho più poteri nel paese né di tipo politico né di tipo amministrativo», afferma Gheddafi parlando ai suoi sostenitori a Tripoli. «Saluto e faccio gli auguri al popolo libico per questa ricorrenza - ha affermato - dal 3 marzo del 1977 abbiamo passato il potere al popolo e voglio ricordare al mondo che da allora ho dato il potere al popolo. Abbiamo vinto l'occupazione italiana e americana e il popolo gestisce il petrolio e i suoi proventi». Questa volta l'incontro tra Gheddafi ed i suoi sostenitori si tiene al chiuso. Il colonnello è seduto dietro ad una scrivania, circondato da guardie del corpo, e tiene un discorso per il 34esimo anniversario della nascita dei Comitati popolari. Si tratta del suo terzo discorso da quando è iniziata la rivoluzione in Libia. «Non ho un incarico dal quale dimettermi, come negli altri paesi - aggiunge -. Sono rimasto stupito quando ho visto le manifestazioni in mio sostegno in diverse zone del paese - ha aggiunto - perché il mio non è un posto di potere dal quale dimettersi». «Quello che sta succedendo è solo una provocazione da fuori, dall'estero, e che non ha nulla a che fare con i libici. Ci sono dei circoli esterni che stanno provocando tutto quello che sta succedendo, l'opposizione viene da fuori la Libia e se hanno deciso di attaccare il nostro simbolo siamo pronti a morire uno a uno per difendere il nostro Paese». Seduto e con voce tuonante il rais ha lanciato il suo ricatto al mondo: «Vogliono farci tornare schiavi come eravamo sotto gli italiani?», ha detto Gheddafi: «Non lo accetteremo mai, entreremo in una sanguinosa guerra e migliaia e migliaia di libici moriranno se Usa o Nato entreranno nel Paese».
Gheddafi torna in tv: "Ho costretto l'Italia a inchinarsi"
A BERLUSCONI: «LA LIBIA SONO IO» - Rivendicando il ruolo della sua «guida» politica e esaltando la «rivoluzione» libica Gheddafi parlando alla cerimonia a Tripoli ha aggiunto: «abbiamo costretto l'Italia a inchinarsi». L'Italia, ha detto Gheddafi, «è stata costretta a chiedere scusa per la sua occupazione militare» e a pagare per questo. Abbiamo costretto l'Italia ad ammettere i suoi errori ottenendo uno storico successo... E tutte le ex potenze coloniali sono rimaste scioccate». Precedentemente Gheddafi aveva ribadito che il popolo libico è «sfidato in tutto il mondo». Lo era prima, sottoposto alla minaccia coloniale, e lo è adesso, ma da quando è stata insediata la Jamaihiria, ha proseguito, il «popolo è libero». Il Colonnello si è poi rivolto direttamente a Berlusconi: «Ha detto che non controllo la Libia? Io gli rispondo che la famiglia Gheddafi è la Libia». Il ministro Frattini , commentando le ultime dichiarazioni sull'Italia del leader libico, sceglie di non replicare: «Non rispondo a Gheddafi, la retorica anti italiana è il segno della debolezza del regime».
AL QAEDA - «Al Qaeda è entrata nelle prigioni, ha reclutato criminali condannati all'ergastolo e li ha armati - ha detto Gheddafi -. In Libia, non c'è un singolo prigioniero politico, per la semplice ragione che il potere è nella mani del popolo». Secondo il leader libico, cellule dormienti di Al Qaeda sono entrate in azione a Bedia quando è iniziata la rivolta «attaccando il locale battaglione e le stazioni di polizia». Cellule di Al Qaeda sono presenti, sempre secondo Gheddafi, anche a Zawia, Bengasi e Misurata.
L'INCHIESTA - «Nel primo scontro (dall'esplodere della rivolta in Libia, ndr) ci sono stati dai 100 ai 150 morti e sono rimasto sorpreso perché siamo passati dopo poco tempo a mille morti. Ho chiesto infatti di aprire un'inchiesta per capire cosa sia successo» ha detto il colonnello. «Hanno attaccato le stazioni di polizia e hanno preso il controllo della zona con le armi», ha aggiunto. Gheddafi ha poi detto di aver chiesto «alla brigata presente ad al-Baydha di non attaccare i manifestanti».
PETROLIO - Gheddafi ha detto anche che i giacimenti petroliferi in libia sono sicuri, ma che le compagnie straniere sono state spaventate dai banditi. «I giacimenti petroliferi sono al sicuro... ma le compagnie hanno paura», ha detto in un discorso, aggiungendo che quel che temono sono «i fuorilegge armati». Poi ha aggiunto: «Sostituiremo in Libia le compagnie petrolifere occidentali con quelle cinesi e indiane».
BREGA - In precedenza il regime del Colonnello ha inviato più di 500 veicoli blindati a Brega per la riconquista della città. Un testimone oculare sostiene che l'aviazione libica ha bombardato la città, anche se le forze fedeli al regime sembra abbiano avuto la meglio sui rivoltosi che avevano solo delle armi leggere. Nell'aeroporto di Brega sono atterrati tre aerei militari libici carichi di soldati e veicoli blindati che si stanno dispiegando nei quartieri della città: secondo quanto riporta la rete satellitareAl Arabiya il bilancio delle vittime sarebbe di almeno 14 morti. Poi una forte esplosione si è udita vicino all'università di Marsa el Brega, ad ovest di Bengasi. Per al Jazira, il bilancio di questo attacco è di 4 morti e molti feriti. Alcuni testimoni hanno raccontato che l'esplosione è avvenuta vicino ad una zona dove i ribelli erano riusciti a bloccare un gruppo di truppe filo-governative. . Le truppe di Gheddafi hanno lanciato una grande controffensiva questa notte per la riconquistà della città ma al momento sembrerebbe che i rivoltosi abbiano la meglio. Brega si trova a una sessantina di chilometri da Adjabiya, il cui arsenale militare è stato attaccato di nuovo mercoledì mattina dall'aviazione militare di Gheddafi, senza conseguenze; proprio Adjabiya dovrebbe essere la prossima tappa della controffensiva delle forze del raìs, e l'opposizione sta preparandosi a difendere la città. Tutto questo mentre giunge notizia che l'ex ministro della giustizia Mustafa Mohamad Abdeljalil presiederà il «Consiglio nazionale» di 30 membri istituito dagli oppositori che controllano la Libia orientale.
USA E CINA - Se l'intervento internazionale sulla Libia non sarà valutato con estrema cautela, «c'è il rischio che la Libia sprofondi nel caos e si trasformi in una gigantesca Somalia» ha detto il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, che ha poi aggiunto come gli Usa siano ancora lontani da qualsiasi decisione sulla "No Fly Zone". Sull'argomento è intervenuta anche la Cina: la soluzione alla crisi libica deve essere ottenuta «solo attraverso mezzi pacifici» ha detto il rappresentante permanente di Pechino all'Onu, Li Baodong, presidente di turno del Consiglio di Sicurezza a marzo, escludendo quindi l'ipotesi di una no-fly zone.
BARROSO - «È tempo che Gheddafi se ne vada» ha detto il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso osservando che «le azioni assolutamente inaccettabili compiute dal regime libico nelle ultime settimane hanno ormai fatto capire che Gheddafi è parte del problema, non della soluzione». Ed è quindi «tempo che se ne vada». La situazione in Libia, soprattutto per la forte pressione di profughi alle frontiere è «una tragedia umanitaria»: per questo la Commissione ha deciso di aumentare il contributo per gli aiuti umanitari dai 3 milioni stanziati nei giorni scorsi a 10 milioni.
IL PAPA - Il Papa «ha espresso la sua preoccupazione per la gente innocente intrappolata in questa terribile tragedia» in Libia. Lo ha riferito Josette Fheeran, direttore esecutivo del programma alimentate mondiale delle Nazioni Unite, ricevuta in udienza privata oggi da Benedetto XVI.
LEGA ARABA - La situazione in Libia è «tragica» ha detto il segretario generale della Lega araba Amr Mussa, davanti ai ministri degli Esteri arabi. «Non la dobbiamo accettare e dobbiamo sostenere il popolo libico che sta soffrendo molto nel suo cammino verso la libertà». Fra le opzioni per garantire la sicurezza del popolo libico c'è anche quella di imporre una no fly zone di concerto fra la Lega araba e l'Unione Africana (Ua). Lo si legge nella risoluzione finale della riunione dei ministri degli Esteri dell'organismo panarabo.
LEGA LIBICA PER DIRITTI UMANI: «6MILA MORTI» - Intanto un esponente della Lega libica per i diritti umani citato dalla tv satellitare "al-Arabiya" ha annunciato un nuovo bilancio complessivo delle vittime. «Si contano 6mila morti dall'inizio della rivolta contro il regime di Muammar Gheddafi»
TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE - La procura del Tribunale Penale Internazionale ha deciso: è stata aperta un'inchiesta formale sulla Libia, per verificare se, per reprimere l'insurrezione scoppiata dopo il 15 febbraio, siano stati commessi crimini contro l'umanità.