mercoledì 2 marzo 2011

La controffensiva di Gheddafi Tuona in tv: «Costretto Italia a scusarsi»

ADJABIYA (LIBIA) - Muammar Gheddafi è tornato in tv in occasione del 34mo anniversario della fondazione della Jamahiria. «Dal 1977 ho dato il potere al popolo e da allora non ho più poteri nel paese né di tipo politico né di tipo amministrativo», afferma Gheddafi parlando ai suoi sostenitori a Tripoli. «Saluto e faccio gli auguri al popolo libico per questa ricorrenza - ha affermato - dal 3 marzo del 1977 abbiamo passato il potere al popolo e voglio ricordare al mondo che da allora ho dato il potere al popolo. Abbiamo vinto l'occupazione italiana e americana e il popolo gestisce il petrolio e i suoi proventi». Questa volta l'incontro tra Gheddafi ed i suoi sostenitori si tiene al chiuso. Il colonnello è seduto dietro ad una scrivania, circondato da guardie del corpo, e tiene un discorso per il 34esimo anniversario della nascita dei Comitati popolari. Si tratta del suo terzo discorso da quando è iniziata la rivoluzione in Libia. «Non ho un incarico dal quale dimettermi, come negli altri paesi - aggiunge -. Sono rimasto stupito quando ho visto le manifestazioni in mio sostegno in diverse zone del paese - ha aggiunto - perché il mio non è un posto di potere dal quale dimettersi». «Quello che sta succedendo è solo una provocazione da fuori, dall'estero, e che non ha nulla a che fare con i libici. Ci sono dei circoli esterni che stanno provocando tutto quello che sta succedendo, l'opposizione viene da fuori la Libia e se hanno deciso di attaccare il nostro simbolo siamo pronti a morire uno a uno per difendere il nostro Paese». Seduto e con voce tuonante il rais ha lanciato il suo ricatto al mondo: «Vogliono farci tornare schiavi come eravamo sotto gli italiani?», ha detto Gheddafi: «Non lo accetteremo mai, entreremo in una sanguinosa guerra e migliaia e migliaia di libici moriranno se Usa o Nato entreranno nel Paese».
Gheddafi torna in tv: "Ho costretto l'Italia a inchinarsi"
A BERLUSCONI: «LA LIBIA SONO IO» - Rivendicando il ruolo della sua «guida» politica e esaltando la «rivoluzione» libica Gheddafi parlando alla cerimonia a Tripoli ha aggiunto: «abbiamo costretto l'Italia a inchinarsi». L'Italia, ha detto Gheddafi, «è stata costretta a chiedere scusa per la sua occupazione militare» e a pagare per questo. Abbiamo costretto l'Italia ad ammettere i suoi errori ottenendo uno storico successo... E tutte le ex potenze coloniali sono rimaste scioccate». Precedentemente Gheddafi aveva ribadito che il popolo libico è «sfidato in tutto il mondo». Lo era prima, sottoposto alla minaccia coloniale, e lo è adesso, ma da quando è stata insediata la Jamaihiria, ha proseguito, il «popolo è libero». Il Colonnello si è poi rivolto direttamente a Berlusconi: «Ha detto che non controllo la Libia? Io gli rispondo che la famiglia Gheddafi è la Libia». Il ministro Frattini , commentando le ultime dichiarazioni sull'Italia del leader libico, sceglie di non replicare: «Non rispondo a Gheddafi, la retorica anti italiana è il segno della debolezza del regime».
AL QAEDA - «Al Qaeda è entrata nelle prigioni, ha reclutato criminali condannati all'ergastolo e li ha armati - ha detto Gheddafi -. In Libia, non c'è un singolo prigioniero politico, per la semplice ragione che il potere è nella mani del popolo». Secondo il leader libico, cellule dormienti di Al Qaeda sono entrate in azione a Bedia quando è iniziata la rivolta «attaccando il locale battaglione e le stazioni di polizia». Cellule di Al Qaeda sono presenti, sempre secondo Gheddafi, anche a Zawia, Bengasi e Misurata.
L'INCHIESTA - «Nel primo scontro (dall'esplodere della rivolta in Libia, ndr) ci sono stati dai 100 ai 150 morti e sono rimasto sorpreso perché siamo passati dopo poco tempo a mille morti. Ho chiesto infatti di aprire un'inchiesta per capire cosa sia successo» ha detto il colonnello. «Hanno attaccato le stazioni di polizia e hanno preso il controllo della zona con le armi», ha aggiunto. Gheddafi ha poi detto di aver chiesto «alla brigata presente ad al-Baydha di non attaccare i manifestanti».
PETROLIO - Gheddafi ha detto anche che i giacimenti petroliferi in libia sono sicuri, ma che le compagnie straniere sono state spaventate dai banditi. «I giacimenti petroliferi sono al sicuro... ma le compagnie hanno paura», ha detto in un discorso, aggiungendo che quel che temono sono «i fuorilegge armati». Poi ha aggiunto: «Sostituiremo in Libia le compagnie petrolifere occidentali con quelle cinesi e indiane».
BREGA - In precedenza il regime del Colonnello ha inviato più di 500 veicoli blindati a Brega per la riconquista della città. Un testimone oculare sostiene che l'aviazione libica ha bombardato la città, anche se le forze fedeli al regime sembra abbiano avuto la meglio sui rivoltosi che avevano solo delle armi leggere. Nell'aeroporto di Brega sono atterrati tre aerei militari libici carichi di soldati e veicoli blindati che si stanno dispiegando nei quartieri della città: secondo quanto riporta la rete satellitareAl Arabiya il bilancio delle vittime sarebbe di almeno 14 morti. Poi una forte esplosione si è udita vicino all'università di Marsa el Brega, ad ovest di Bengasi. Per al Jazira, il bilancio di questo attacco è di 4 morti e molti feriti. Alcuni testimoni hanno raccontato che l'esplosione è avvenuta vicino ad una zona dove i ribelli erano riusciti a bloccare un gruppo di truppe filo-governative. . Le truppe di Gheddafi hanno lanciato una grande controffensiva questa notte per la riconquistà della città ma al momento sembrerebbe che i rivoltosi abbiano la meglio. Brega si trova a una sessantina di chilometri da Adjabiya, il cui arsenale militare è stato attaccato di nuovo mercoledì mattina dall'aviazione militare di Gheddafi, senza conseguenze; proprio Adjabiya dovrebbe essere la prossima tappa della controffensiva delle forze del raìs, e l'opposizione sta preparandosi a difendere la città. Tutto questo mentre giunge notizia che l'ex ministro della giustizia Mustafa Mohamad Abdeljalil presiederà il «Consiglio nazionale» di 30 membri istituito dagli oppositori che controllano la Libia orientale.
USA E CINA - Se l'intervento internazionale sulla Libia non sarà valutato con estrema cautela, «c'è il rischio che la Libia sprofondi nel caos e si trasformi in una gigantesca Somalia» ha detto il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, che ha poi aggiunto come gli Usa siano ancora lontani da qualsiasi decisione sulla "No Fly Zone". Sull'argomento è intervenuta anche la Cina: la soluzione alla crisi libica deve essere ottenuta «solo attraverso mezzi pacifici» ha detto il rappresentante permanente di Pechino all'Onu, Li Baodong, presidente di turno del Consiglio di Sicurezza a marzo, escludendo quindi l'ipotesi di una no-fly zone.
BARROSO - «È tempo che Gheddafi se ne vada» ha detto il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso osservando che «le azioni assolutamente inaccettabili compiute dal regime libico nelle ultime settimane hanno ormai fatto capire che Gheddafi è parte del problema, non della soluzione». Ed è quindi «tempo che se ne vada». La situazione in Libia, soprattutto per la forte pressione di profughi alle frontiere è «una tragedia umanitaria»: per questo la Commissione ha deciso di aumentare il contributo per gli aiuti umanitari dai 3 milioni stanziati nei giorni scorsi a 10 milioni.
IL PAPA - Il Papa «ha espresso la sua preoccupazione per la gente innocente intrappolata in questa terribile tragedia» in Libia. Lo ha riferito Josette Fheeran, direttore esecutivo del programma alimentate mondiale delle Nazioni Unite, ricevuta in udienza privata oggi da Benedetto XVI.
LEGA ARABA - La situazione in Libia è «tragica» ha detto il segretario generale della Lega araba Amr Mussa, davanti ai ministri degli Esteri arabi. «Non la dobbiamo accettare e dobbiamo sostenere il popolo libico che sta soffrendo molto nel suo cammino verso la libertà». Fra le opzioni per garantire la sicurezza del popolo libico c'è anche quella di imporre una no fly zone di concerto fra la Lega araba e l'Unione Africana (Ua). Lo si legge nella risoluzione finale della riunione dei ministri degli Esteri dell'organismo panarabo.
LEGA LIBICA PER DIRITTI UMANI: «6MILA MORTI» - Intanto un esponente della Lega libica per i diritti umani citato dalla tv satellitare "al-Arabiya" ha annunciato un nuovo bilancio complessivo delle vittime. «Si contano 6mila morti dall'inizio della rivolta contro il regime di Muammar Gheddafi»
TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE - La procura del Tribunale Penale Internazionale ha deciso: è stata aperta un'inchiesta formale sulla Libia, per verificare se, per reprimere l'insurrezione scoppiata dopo il 15 febbraio, siano stati commessi crimini contro l'umanità.

Nessun commento:

Posta un commento